L’anima resta dove si incanta!

Stamattina stavo guardando questo pezzettino d’alba.
Mi attraeva la coltre di nebbia in basso e la luce del giorno in alto, con quei piccoli alberi appoggiati sopra la terra.
Li guardavo…li guardavo…
Mi sembrava ci fosse tutto l’universo in quel gioco di luce e ombre, di acqua e pini.
Perché il bello di questa foto è che è solo un particolare.
Un piccolo sussurro nel canto immenso dell’alba che stamattina si presentava ai nostri occhi.
Forse non ci avrei nemmeno fatto caso, se non mi fossi fermata.

Poi sono rientrata in casa per dare un’occhiata alla posta e … ho letto questa email🥰!

Elisa (la chiamerò così qui nel post) mi ha scritto una bellissima email da cui “rubo” una manciata di righe.❤️

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L’essenza della vita

Ieri pomeriggio ero seduta a leggere un libro.
Ad un certo punto ho letto queste righe:
“Utilizzando una metafora possiamo dire che finché il ramo fa esperienza di sé come ramo, notando intorno a sé la presenza di tanti altri rami e sentendo parlare del tronco e delle radici, fa esperienza di sé nell’ambito della propria coscienza personale, come ego. Se invece si coglie dall’interno, si accorge di essere albero. Ecco che fa esperienza di ciò che è in realtà.”
E’ stato allora che ho alzato lo sguardo e ho scattato la foto. Continua a leggere L’essenza della vita

La vita non è troppo breve. Siamo noi che iniziamo a viverla tardi

Siamo esseri di Luce.
Se solo potessimo vedere la Luce che è in noi!

Siamo bruchi giunti sulla terra per volare ed illuminare.
Se solo sapessimo capirlo subito!

Siamo creature arrivate sulla terra per dono e per sogno divino.
Se solo riuscissimo ad esserne felici da subito!

Siamo figli di Dio e creature che stanno imparando.
Se solo imparassimo presto ad essere sereni sperimentatori della vita!

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FIORIREMO E LASCEREMO UN SEGNO

Quest’immagine ieri ha catturato fortemente la mia attenzione.
Come si fa a non rimanerne incantati?
I fiori nel deserto sono sempre un’inaspettata sorpresa che ci raccontano il possibile bel finale dei nostri deserti interiori.
Quei percorsi difficili e solitari, in cui ci convinciamo che la vita sia andata a finire altrove ed i suoi colori mai più ritorneranno accanto a noi.
Chi di noi non conosce questi percorsi dolorosi?
Quante emergenze abbiamo dovuto affrontare nella nostra vita?
Quante volte ci è capitato di dire a noi stessi: “Questa volta non ce la faccio e la mia vita è finita”.
Invece, poi, accade.
Rivedi spuntare, pian piano (è un processo delicato) qualche tuo sorriso. All’inizio non ti capaciti neanche tu da dove venga fuori. Poi, sempre piano piano, al sorriso segue la speranza e poi ritornano i colori!
La realtà non è più fatta di buio e la Luce rientra in te.
Rammentiamoci con entusiasmo di tutte quelle volte che, nel passato, ce l’abbiamo fatta.
Fa bene a noi e ci fa scegliere con saggezza come comportarci, per essere portatori sani di speranza.
Ogni emergenza può far emergere la grandezza e lo splendore dell’essere umano.
Nella grande notte alcuni riescono a portare la luce, per il bene di tutti.
E più grande è la lotta, tanto più gloriosa sarà poi la vittoria.
Ora è giunta l’occasione di indossare degli occhiali nuovi per vedere “oltre” il panico e l’egoismo auto-distruttivo.
Dov’è pessimismo possiamo portare l’entusiasmo per la vittoria finale, mantenendo lo sguardo dritto, verso l’orizzonte.
Non esiste, infatti, gesto più sublime di questo: portare vita e speranza agli altri.
In questo difficile momento storico, noi possiamo far fiorire il deserto.
Possiamo diventare i generali, i capitani, i colonnelli o i soldati semplici della “Speranza”.
Ognuno di noi ha il suo ruolo ben preciso.
E mentre la paura vorrebbe vederci già tutti precipitati nel baratro dell’angoscia e dell’egoismo, alcuni di noi stanno già scegliendo di non dargliela vinta.
Alcuni stanno già prendendo in mano le armi del bene, per spanderlo un po’ dappertutto.
Negli ospedali, nei laboratori, nelle chiese, nelle aziende, nei condomini, nelle scuole, nelle proprie case…

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QUANDO GLI STUDENTI INCONTRANO I DETENUTI …

Questa volta non ci sono foto dell’incontro e non esistono immagini dell’esperienza fatta da quasi 100 ragazzi del quinto anno del Liceo Scientifico Vito Volterra – Fabriano
Ne potete vedete solo un paio, fatte quando oramai eravamo fuori, usciti da un incontro di ore con i detenuti e le detenute della Casa Circondariale di Villa Fastiggi, il carcere che si trova nei pressi di Pesaro.
Saremmo dovuti uscire a mezzogiorno ed invece siamo usciti non prima delle 13.45.
Neanche la fame li ha fatti desistere dalle tante domande che continuavano a porre.
Non riuscivamo più a portar via i nostri studenti dall’incontro con la realtà dei “brutti, sporchi & cattivi” (così si sono ironicamente definiti i detenuti, spiegando ai ragazzi il loro mondo, i loro errori e le loro speranze).
Potrei fare un post lunghissimo se solo mi mettessi a raccontare le loro storie; magari lo farò in seguito. Sono convinta, infatti, che la vita reale insegni più dei romanzi.

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San Patrignano e la vita

Lei si chiama Chiara (la chiamerò così).
È bionda, esile e delicata.
Parla con scioltezza ed in modo coinvolgente.
Ci spiega come vengono fuori quei tessuti morbidi e raffinati.
Un po’ come lei.
Ma poi arriva inevitabilmente la domanda da parte dei miei studenti: “Come mai tu sei qui?”
Lei sorride e racconta.
Aveva 15 anni quando ha iniziato a bere.
Niente di chè.
Solo il sabato sera.
Poi altre sostanze.
Niente di chè.
Poi non più solo il sabato.
Poi non più solo sostanze leggere.
L’iter è sempre lo stesso.
Poi il diploma.
Poi la laurea.
Poi l’assunzione in un importante studio di Milano.
Finalmente è avvocato.
Ma in tutti quegli anni alcool e sostanze sono diventati compagni di viaggio.
Purtroppo.
Finché il socio più anziano dello studio le dice: “Ora basta. Ti devi far aiutare. Da domani tu non puoi più lavorare con noi. Mi dispiace”
E lei non può più dire a sé stessa il mantra di tutti quegli anni: “Posso smettere quando voglio”.
Non è più “niente di chè”
Lei si racconta.
Denuda la sua anima davanti agli studenti.
Poi dice: “L’unica parola che mi viene in mente è GRAZIE! Grazie alla mia famiglia che non mi ha mai abbandonata e grazie a San Patrignano che mi ha accolta. Ora sto rinascendo.”❤️

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San Patrignano ha roba fatta con amore!

“Ma che belli questi fiori: posso fotografarli?”
Le tavolate della sala da pranzo di san Patrignano, all’entrata delle donne si sono riempiti di fiori gialli. Così ho chiesto alle ragazze di poterli fotografare.
Nel pomeriggio poi, passo per uno dei tanti vialetti quando, all’esterno del grande Teatro, si apre appena appena una porta e sento cantare: le ragazze di San Patrignano non lo sanno ma lì dentro ci sono ragazzi che stanno provando una serata d’onore dedicata a loro.
Serate fatte col cuore! ❤️
“Prof, guardi; stasera in famiglia abbiamo preparato pasta col pesto di San Patrignano! E’ stra-buonissimo!!!” E mi arriva una foto scattata a casa sua. Marco è uno dei miei tanti alunni che si è voluto fermare allo “SP.accio” di San Patrignano per acquistare cose buone, fatte dai ragazzi della comunità. Formaggi al tartufo, biscotti con le mandorle, pane dolce, piadine fatte a mano (a mano!), miele di prima qualità, salumi vari, profumo buonissimo, creme per la pelle, sciarpe bellissime, borse… ma è meglio che guardiate da soli che si può acquistare anche online (ricordando, però, che dal vivo è meglio!😉) https://shop.sanpatrignano.org/
Roba fatta con amore!❤️
Federico sta raccontando la sua difficilissima vita, arrivata fino al bordo del dirupo verso la morte.
Poi finisce con quel: “Ma poi, volete sapere una cosa? Qui a SanPa ho ricominciato a studiare e fra tre giorni discuterò la Tesi. Mi laureo in Lettere!” E nel teatro parte l’applauso scrosciante dei miei studenti.
Momento pieno di amore! ❤️

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Fai bei sogni!

Tutto è nato così: da una mia amica che insegna alle medie inferiori di una città che qui non preciso, che mi ha riferito che quando ha detto ai suoi alunni di terza media quel semplice: “Avete sentito che è stato arrestato un importante mafioso?” si è sentita rispondere altrettanto semplicemente: “Che figo!”

Così questa settimana, a scuola, con i miei studenti (anch’essi cresciuti a pane e Gomorra), abbiamo fatto insieme una riflessione.
Siamo partito proprio dall’ABC.

Ma che significa la parola “peccato”? Abbiamo fatto una passeggiata nel sentiero che mi attrae tanto da sempre: l’etimologia ebraica (una lingua molto concreta e poetica nei suoi significati).
“Peccato” ha la sua radice in khaw-taw che significa “mancare, sbagliare il bersaglio (parlando di un arciere) o inciampare”.

E così abbiamo fatto il parallelismo tra due arcieri: Matteo Messina Denaro e fra Biagio Conte.
Entrambi siciliani.

30 anni di fuga e latitanza da una parte.
30 anni di Missione e Speranza dall’altra.

Una vita sterile come un albero secco, che ha creato morte e solitudine da una parte.
Una vita feconda come un albero rigoglioso che ha donato bene e guarigione dall’altra.
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BUON ANNO A CHI… 

Buon anno a chi stasera lavorerà, a chi camminerà in qualche turno di notte e a chi veglierà su qualcuno che debole è.

Buon anno a chi aspetta un bambino, a chi aspetta un abbraccio e a chi aspetta un cambiamento.

Buon anno a chi pagherà il conto, a chi sta già pagando tanto e a chi da nessuno è stato invitato.

Buon anno a chi sorride comunque, a chi piange di nascosto e a chi vorrebbe essere compreso almeno una volta.

Buon anno a chi sogna un mondo migliore, a chi si migliora per il mondo e a chi vorrebbe farcela ma non ce la fa. Continua a leggere BUON ANNO A CHI… 

IL BASTONCINO VERDE-LUCE ♥️

È un signore di 82 anni.
Questa è l’ultima foto che abbiamo di lui.
È fuggito di casa.
Di notte.
Il suo nome è Tolstoj.

Ha avuto una vita complessa.
Troppo complessa per raccontarla in poche righe.
Ma forse (quasi) ogni essere umano ha una vita complessa, in cui attraversa le fasi dell’ego, della fede, della ricerca, della depressione, del perdono, dell’entusiasmo, della scomunica, della fuga, dell’angoscia, della voglia di pace e del desiderio di Dio.

Nelle sue opere ha raccontato se stesso e, contemporaneamente, ha narrato l’umanità intera con tutti i suoi travagli!

Morirà per il freddo dieci giorni dopo la sua fuga.
Esalerà il suo ultimo respiro nel misero letto del capostazione di Astapovo; la fermata dove era stato bloccato per un improvviso attacco di febbre.
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