Categoria: Attualità
Volate libere in Cielo che lì non ci sono assassini
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Da albergo solo per turisti ad hotel per i meno abbienti
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La vita incredibile di Araminta Ross: nome in codice “Mosè”
Non sappiamo con precisione in che anno sia nata (tra il 1820 e il 1825), ma sappiamo che ha iniziato la sua vita da schiava.
La sua bisnonna materna, Modesty, era giunta bambina negli Stati Uniti, su una nave di schiavi.
Anche sua madre, Harriett Green, e suo padre, Ben Ross, erano entrambi schiavi.
Ebbero nove figli, una vita drammatica ed una lotta disperata per mantenere unita la famiglia.
Ma il padrone, Edward Brodess, gliene vendette comunque tre.
Dolori immensi per Harriet.
Pure la piccola Araminta, a sei anni, fu venduta ad una certa Miss Susan, per fare da tata al figlio appena nato. Ma la regola era chiara: se il bambino avesse pianto, lei sarebbe stata frustata.
Araminta lo cullava, gli parlava, faceva il possibile per non farlo piangere. Ma un neonato è un neonato. E così lei si trovò le prime cicatrici sulla sua pelle delicata di bambina, a causa di un pianto innocente e di una donna terribilmente colpevole.
La piccolissima Araminta cercava di difendersi dalle frustate indossando diversi strati di vestiti, ma il suo destino era quello di esser frustata quasi tutti i giorni. Un giorno venne frustata per 5 volte prima di colazione, e di quella drammatica esperienza porterà le cicatrici per tutta la vita.
A tredici anni venne mandata a lavorare nella piantagione di un certo James Cook ma la vita era durissima e lei si ammalò di morbillo. Così Cook la restituì al vecchio padrone Brodess e sua madre potè riaverla con sé, curarla e guarirla.
Un giorno fu mandata in un negozio di tessuti per sbrigare alcune commissioni, quando vide uno schiavo in fuga. Era riuscito a divincolarsi dal padrone e stava tentando il tutto per tutto per la libertà.
Lei era proprio sulla traiettoria della fuga del giovane schiavo.
Il padrone iniziò quindi ad urlarle di fermarlo e trattenerlo, ma lei si rifiutò.
Rimase immobile per lasciare allo schiavo il tempo di fuggire.
Allora il padrone, per fermare la fuga del suo schiavo gli lanciò un pezzo di metallo di quasi un chilo, ma colpì lei.
Quel chilo cambiò drammaticamente la vita della giovane Harriet.
Senza nessuna cura medica, passò solo due giorni di convalescenza e poi via! Bisognava a tornare a lavorare nei campi.
Ma da quel giorno, per tutta la vita, lei ebbe fortissime emicranie, vertigini, ipersonnia, attacchi epilettici, svenimenti improvvisi e delle visioni che lei considerava premonizioni divine.
Da queste sue premonizioni e dialoghi con Dio derivò poi l’altro suo nome: “Mosè”.
Come Mosè infatti, per tutta la sua vita, portò una moltitudine di schiavi verso la libertà.
Prima di cominciare a fare come Mosè, si sposò con John Tubman, un uomo libero, e cambiò il suo nome in Harriet Tubman. Ma il suo status di schiava non la lasciava. I suoi figli sarebbero stati schiavi come lei e proprietà dei Brodess. Questo lei non poteva accettarlo.
Intanto i suoi padroni tentarono in tutti i modi di venderla. ma le tante malattie di cui soffriva la rendevano poco appetibile sul mercato. Nel 1849 provarono pure a svenderla ad un prezzo “da saldo” e Harriet tremò all’idea.
Allora iniziò a pregare affinché l’uomo cambiasse idea. Ma Brodess si era intestardito come non mai: Harriet doveva essere venduta. Lei non voleva ed insistette con le sue preghiere, arrivando disperata a chiedere di far morire il suo padrone. Mai avrebbe pensato che quell’uomo terribile, nell’arco di una settimana, sarebbe morto per davvero.
La moglie di Brodess, Eliza Ann, una volta vedova iniziò a svendere tutti gli schiavi che aveva ereditato dal marito. Allora Harriet prese la grande decisione: fuggire.
Era arrivato il momento di liberare se stessa, innanzitutto.
Mai più schiava!
Dirà nei suoi racconti: “C’erano due cose a cui avevo diritto: la libertà o la morte; se non potevo avere l’una, avrei avuto l’altra” Continua a leggere La vita incredibile di Araminta Ross: nome in codice “Mosè”
L’incredibile storia di Hilde e Chris
Questa incredibile storia parte da un gesto anonimo di grande generosità, che è poi continuato con altri gesti, fino a creare un effetto domino pazzesco.
Avete presente quando gettate un sasso in un lago? Le onde accadono. Sia che voi vi fermiate a contarle ed osservarle, sia che voi vi allontaniate.
Ecco: questa è la storia delle onde!
Hilde Back è la donna della foto: ha un dolce sorriso, vero?
Oggi è un’anziana signora ebrea svedese, insegnante in pensione.
Una donna normale, gentile che ha vissuto gran parte della vita da sola.
Nel 1940 lei era una ragazzina. Era ebrea. Era in pericolo.
Ma quell’anno uno sconosciuto benefattore dona dei soldi alla sua famiglia per farla fuggire dalla persecuzione del regime nazista.
Con quel regalo insperato i genitori cercano di rifugiarsi in Svezia fuggendo attraverso il Mar Baltico, ma vengono respinti al confine e solo lei riuscirà ad entrare. Continua a leggere L’incredibile storia di Hilde e Chris
Viva la vita!
“A me dispiace da matti avere 90 anni e sapere che ho pochi anni ancora davanti anche se gli odiatori ogni giorno mi augurano di morire, mi dispiace tantissimo di dover abbandonare la vita. Perché la mia vita mi piace moltissimo.
Non scegliemmo di attaccarci ai fili elettrificati per scegliere la morte, che sarebbe arrivata in un secondo. Noi scegliemmo la vita, parola importantissima che non va sprecata e non va mai dimenticata nemmeno un minuto.
Siete persone libere, dovete pensare con la vostra testa, non con quella di chi grida più forte. Non bisogna perdere neanche un minuto di questa straordinaria emozione che è la vita.
Perché nel tic-tac che è il tempo che scorre, il tic è già tac” Continua a leggere Viva la vita!
I quattro pilastri del benessere
Le ragazzine si sposavano a 12 anni e andavano nei campi a coltivare cipolle, adesso il 100% frequenta le lezioni
La perfezione non è di questo mondo. Ma questo mondo va incoraggiato ugualmente!
Ce lo diciamo sempre: siamo uomini, perciò, imperfetti.
E su questa scia, ci ripetiamo tante altre cose belle per incoraggiarci.
“Il più grande errore che si può fare nella vita, è quello di avere sempre paura di farne uno” diceva Elbert Hubbard.
E, a seguire, potremmo scriverne tante altre di frasi piene d’incoraggiamento in merito ai nostri errori.
La realtà però ci raggiunge sempre. E la realtà è che se, ad un certo punto, ci muoviamo nella direzione sbagliata, possiamo anche aver fatto miracoli ma l’attenzione ISTINTIVA andrà sempre su quella strada sbagliata.
ISTINTIVAMENTE, credo ci dia soddisfazione criticare e condannare.
Per carità: capire ed approfondire è legittimo ed utile.
Passare al giudizio senza appello è, però, una catastrofe: sia per chi lo dice che per chi, quel giudizio, lo riceve.
Non so perché ci venga naturale giudicare e condannare con severità.
Qualcuno dice che quando critichiamo con durezza (anche se lo scriviamo con riflessioni apparentemente pacate) lo facciamo perché, in quelle fragilità ci rispecchiamo e ci fa troppo male vederle in noi.
Qualcun altro afferma che giudichiamo quasi con inconscia soddisfazione, perché ci portiamo dietro l’illusione che, abbassando gli altri, innalziamo noi stessi.
O forse ha ragione quel vecchietto che l’altro giorno mi diceva: “E’ che siamo fatti male” .
Pensavo a tutto questo un po’ di giorni fa mentre ascoltavo una conferenza di quel mitico professore di storia che è Alessandro Barbero, su “Le origini della comunicazione aziendale: gli ordini religiosi del Medioevo”
https://www.youtube.com/watch?v=Fko3NKb6VLc
IN-TE-RES-SAN-TIS-SI-MA! Continua a leggere La perfezione non è di questo mondo. Ma questo mondo va incoraggiato ugualmente!