“Bisogna somigliarsi un po’ per comprendersi, ma bisogna essere un po’ differenti per amarsi”

Lui è seduto nel banco avanti a me.
Ha il viso rugoso di chi ha lavorato tanto sotto il sole. Avrà sui 75 anni e me lo immagino agricoltore.
Non so perché.
Quando si gira a guardare indietro, cercando con lo sguardo qualcuno, vedo i suoi occhi che sono come due fessure celesti.
Sono all’interno del santuario di Loreto.
Tutti vanno dentro la Santa Casa ed in pochi si mettono seduti nella Cappellina dell’Adorazione Eucaristica.
Siamo in pochi, quindi.
C’è molta pace.
All’improvviso sento avvicinarsi alle mie spalle qualcuno che è entusiasta della vita.
Lo sento dai suoi passi allegri.
Mi passa accanto e si avvicina all’anziano seduto avanti a me.
E’ un ragazzotto con la sindrome di down.
E’ almeno grande il doppio dell’esile vecchietto. Credo siano nonno e nipote.
Il ragazzo si siede e lo abbraccia. Stretto stretto.
Non lo vuole lasciare.
Il vecchietto chiude gli occhi in quell’abbraccio gigantesco.
Come a volersi abbandonare in quell’uragano di tenerezza.
Alla fine il ragazzo lo lascia e si mette calmo calmo a guardare Gesù Eucarestia.
Il vecchietto fa finta di guardare anche lui lì, ma in realtà, con lo sguardo girato verso la sua sinistra, sbircia quel suo ragazzotto.
I suoi occhi celesti lo scrutano.
Lo amano.
Lo abbracciano ancora.
Dopo un po’ il ragazzo si gira ancora verso il vecchietto, lo stringe ancora al suo cuore e poi appoggia il suo viso sulle esili spalle del nonno.
Avrei voluto fare una foto da dietro.
Ovviamente non ci ho neanche provato. Per rispetto.
Ma certo che vedere tanto amore in pochi attimi, fa bene!
Mi chiedo chi siano, su questa terra, i normali ed i diversi.
Mi chiedo chi siano i sani ed i malati.
Una volta ho letto da qualche parte: “Bisogna somigliarsi un po’ per comprendersi, ma bisogna essere un po’ differenti per amarsi”.
Ogni volta che incontro una persona “diversa”, sento che la vita mi sta dicendo qualcosa di bello.
Forse queste cose le capiamo meglio quando siamo piccoli (per età) e/o piccoli (per animo interiore).
Poche ore prima ero in un altro luogo (che non nomino per privacy) ed ero con Andrea (quel bellissimo ragazzo moro e riccioluto, che con il suo autismo e con il suo papà Franco è spesso protagonista della bellezza della vita, raccontandola sui libri che scrive e nelle trasmissioni televisive di cui è ospite).
Andrea, al contrario del ragazzo di Loreto, non ha molta voglia di colloquiare.
Ed anche questo ci sta.
Dico alla mamma che sarebbe bello averlo a scuola con i miei ragazzi. Mi chiede dove insegno. Dico ad Andrea che lui è l’idolo dei miei studenti con le sue avventure e con le meravigliose frasi che scrive su facebook.
Andrea sorride.
Non risponde.
Gli sorrido.
Non insisto.
Ognuno di noi ha un proprio mondo interiore che cambia di giorno in giorno.
Bello, no?!
Siamo in continuo cambiamento.
Siamo vivi!
Il pomeriggio mi fermo a parlare con un artista di strada.
Ha fatto tre opere d’arte stupende avanti il santuario.
E’ magrolino ed ha uno sguardo semplice.
E’ bravissimo ma non se la tira.
Mi spiega che per ogni disegno ci impiega circa cinquanta ore di lavoro.
Cinquanta!
Il suo lavoro è abbellire strade e piazze.
E’ nomade.
E’ ambulante.
Impiega materiale povero per disegnare.
Si sostiene grazie alle offerte dei passanti.
Con la prima pioggia, tutto il suo lavoro svanisce.
Il ragazzo della basilica con il nonno…Andrea…il madonnaro…siamo pieni di gente brava che ci sfiora.
Il più grande patrimonio dell’umanità!
Siamo un po’ tutti come i ciclamini che ho fotografato ieri pomeriggio a san Silvestro.
Non combattono per impressionare qualcuno.
Non combattono per essere diversi dai tulipani.
Non ne hanno bisogno. Perché sono diversi.
E c’è spazio per ogni fiore sulla terra! ❤
P.S. In una foto vedrete un ciclamino bianco: non mi era mai capitato di vederlo. E poi ho visto anche un ciclamino che si ergeva gigantesco, su tutti gli altri. Ma non se la tiravano nessuno dei due! ????

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