Abbiamo bisogno di luce che ci riscaldi l’anima di tenerezza

camerettaQuando ero piccola avevo paura del buio. Entravo nella mia camera e accendevo subito la luce per il timore che, sotto il letto, qualcuno potesse essersi nascosto. Poi, una volta sotto le coperte, mi coprivo fin sopra la testa ed il leggero peso della trapunta mi rassicurava.

Ora che sono grande ho paura del buio che è dentro di me. Quel buio che mette in risalto solo le tue mancanze. Capita solo a me?

BuonNatale2010Vorresti essere sempre generosa, ma poi ti assale quell’egoismo ancestrale che mette dei muri che neanche tu desideri.

Vorresti essere serena riguardo al futuro, ma poi il timore di ciò che potrebbe accadere si fa largo nella tua mente, senza chiedere neanche il permesso di entrare.

recensione-libro-angeli-dell-apocalisse-tra-bene-male-2Vorresti riuscire a portare a termine i propositi fatti con tanta buona volontà, ma poi la fragilità butta giù tutto quel castello di carte costruito quasi fino in cima.

Ti eri ripromessa di essere un po’ “più”…e ti ritrovi ad essere un po’ “meno”.

Il buio, quando siamo grandi, è quell’oscura onda nera che entra nel nostro mondo interiore, togliendoci il sonno tranquillo o la forza rigenerante.Speranza_di_Gesù_Alhama_Valera_1

Ma la vigilia di Natale, a casa di mia madre, ho letto un libriccino piccolissimo.

Era appoggiato sul tavolo della cucina ed ho iniziato a sfogliarlo. Così; giusto per fare. Ma aneddoto dopo aneddoto, non riuscivo più a staccarmene.

Si intitola “Detti e Aneddoti”; sono tutte storie vere capitate a Madre Speranza ed a chi ha avuto la fortuna di starle vicino.

 

 

COVER-SEICONMERacconta una ragazza che un giorno, turbata per alcuni pensieri che le erano venuti in mente, non era andata a fare la Comunione e diceva tra sé: “Gesù, quanto mi dispiace, oggi non ti posso venire a ricevere, però chiederò alla Madre il permesso per andare in Parrocchia, lì mi confesserò e farò la Comunione”.

All’improvviso Madre Speranza le si avvicina dicendo: “Vai pure a fare la Comunione, che Gesù vuole venire in te”.

Dopo la Comunione la Madre la chiamo e le dice esattamente quello che aveva pensato.

E la ragazza, piena di stupore di gioia, esclama: “Madre, nella mia vita, dopo lo sguardo di Gesù c’è quello il suo che mi segue”. La Madre prontamente risponde: “No, prima c’è quello della Madonna e poi il mio”.

comunione-nelle-maniMentre leggevo pensavo al desiderio di Gesù di venire in noi”, come ha detto Madre Speranza a quella ragazza.

Noi sentiamo il buio che è in noi e ne abbiamo paura; Gesù invece non lo teme e vi entra. Anzi; cerca qualsiasi via per farsi largo e portare la sua Luce.

Noi siamo istintivamente portati a vedere Gesù nei santi, nelle vite che anelano alla perfezione, negli ambienti spiritualmente promossi come “buoni” e facciamo una grande fatica ad immaginarLo dove la luce non c’è. Eppure è proprio lì che Lui è.

A9YRH8In questo Natale ha avuto un grande successo un spot pubblicitario realizzato dai magazzini inglesi Sainsbury’s in collaborazione con la Royal British Legion. Quando l’ho visto al prima volta non sapevo che si riferisse ad un episodio realmente accaduto. Appena l’ho capito, ho voluto leggere il libro con le lettere autentiche scritte dai soldati, diretti testimoni di quell’evento.

19141224treguadinataleCento anni fa esatti, in una trincea piena di giovani soldati pronti a combattersi ed uccidersi, ci fu una tregua di un giorno. Dopo quattro mesi di combattimenti e già centinaia di migliaia di morti, quel 25 dicembre qualcuno, nel buio della Notte Santa, iniziò a cantare una melodia natalizia. Qualcun altro, dalle trincee nemiche, continuò quel canto come fosse stato un segnale misterioso a cui dar seguito.

E di passaggio in passaggio, il canto diventò una tregua. Della protezione della trincea quel giorno non ci fu bisogno e tutti uscirono. Si scambiarono regali e fecero una grande partita a calcio (terminata 3 a 2 per gli inglesi).

messa al campo soldatiQuel Natale i “nemici” si parlarono, si strinsero la mano, si abbracciarono, seppellirono i caduti. Si celebrò una Messa e una funzione funebre. Quei giovani soldati che fino ad un attimo prima sparavano per uccidere, fumarono e cantarono insieme, si scambiarono auguri e doni, capi di vestiario e bottoni delle divise, cibo, tabacco, fotografie di mogli, figli e amici, ricordi vari del tempo di pace.

la-tregua-di-natale-T-SifcQvL’episodio, all’epoca, fu assai criticato da un caporale tedesco, tale Adolf Hitler, che temeva simili episodi avrebbero potuto istillare nei cuori dei soldati il dubbio che sull’altro fronte non si trovassero dei “nemici”, ma esseri umani come loro.

Ma la cosa più bella di quel Natale del 1914 non fu la tregua, ma il motivo della tregua. Non fu un atto di pacifismo ma un istintivo richiamo alla nascita di Gesù e la Messa di Natale fu l’atto con cui si riconosceva il vero senso per cui, in quel giorno, non si sarebbero dovuto ammazzare.

treguadinataleQuei soldati non erano certo stati dei santi.

Quello che avevano fatto i giorni prima e quel che avrebbero fatto i giorni seguenti non sarebbero stati certo atti di carità cristiana.

Eppure lì, in quella trincea, Gesù è nato.

Così ieri pomeriggio, tra le parole di Gesù per quella ragazza timorosa di fare la comunione (“Io voglio venire dentro di te”) e la storia di quei giovani soldati nel Natale del 1914, ho pensato: Non devo temere il buio!”

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Ognuno di noi ha qualche “buio” che teme. Gesù nasce proprio lì.

23855ddecb9271d349c0495b0a3c8d49-1024x640Quando siamo angosciati, preoccupati, indifesi, soli, tristilì Gesù vuol venire!

Quando ci sentiamo disgustati da noi stessi o dalla vitaproprio in quel buio Gesù vuole entrare.

Dove l’ingiustizia prevale, la povertà avvilisce gli animi, la violenza trasforma in bestie, dove i più deboli fra i deboli sono stati lasciati soli ed indifesi, dove i benpensanti guardano e giudicano disgustati senza alzare un ditolì Gesù nasce con ancor più desiderio divino.

la-beatificazione-di-Madre-Teresa-di-CalcuttaMadre Teresa ha detto: “E’ natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza.”

E quindi non temiamo il buio in noi. La notte che vorrebbe non andarsene mai.

Oggi, 27 dicembre, dopo il Natale di Gesù, è arrivato il tempo del nostro Natale.

Durerà 364 giorni.

Cristo nasce perché io nasca figlia! Abbiamo così tanto bisogno di tenerezza!

Prima di essere la fragile, contraddittoria, insicura donna che vedo tutti i giorni, sono figlia di Dio. Siamo figli di Dio.

francesco-udienza-media

P.S. Chi lo desidera può prendersi qualche minuto per leggere il resoconto storico e miracoloso dell’evento del natale del 1014. Vi assicuro che ne vale la pena! E’ uno stralcio preso dall’articolo magistrale riportato in: http://www.ilpost.it/2014/12/25/tregua-natale-1914/

La sera del 24 dicembre i soldati alleati assistettero a un fenomeno strano lungo le linee nemiche. Una serie di luci cominciarono ad accendersi lungo le trincee tedesche. Come ricordò un soldato inglese, era un avvenimento particolarmente inusuale perché «questo è un posto dove di solito è un suicidio accendere anche solo un fiammifero». A La Chapelle-d’Armentières, un villaggio vicino a Ypres, dopo le luci i soldati inglesi cominciarono a sentire un confuso rumore di trombe e corni. Pensarono che i tedeschi stessero preparando uno dei loro massicci attacchi e si affacciarono di corsa ai parapetti, imbracciando le armi. Dalle linee tedesche arrivò una voce: «Inglesi, inglesi!» disse in un inglese stentato attraverso un megafono: «Non sparate! Voi non sparate, noi non spariamo». E poi dopo qualche attimo, come per cercare le parole: «Merry Christmas!». Gli inglesi a quel punto capirono che cos’era la fonte di quelle luci: erano alberi di Natale.

Qualcosa di simile stava succedendo anche a St Yvon, venti chilometri più a nord. Nel pomeriggio del 24 dicembre il tenente Charles Bruce Bairnsfather guardò il tramonto e pensò che «c’era qualcosa di strano nell’aria». Non c’erano stati spari per tutto il giorno e sembrava che fosse appena stata «dichiarata la pace». Bairnsfather uscì dalla sua trincea «trascinando i piedi nell’acqua in cerca di un posto asciutto, mi ci fermai sopra e guardai la scena che mi circondava, la tranquillità le stelle e ora il cielo blu scuro. Da lì potevo vedere la fila delle nostre trincee e quelle dei tedeschi. Lentamente alcune canzoni cominciarono a levarsi da varie parti della nostra linea«. Quando il coro degli inglesi si affievolì e poi si spense, Bairnsfather sentì qualcosa che sembrava un’armonica a bocca suonare in lontananza. Raggiunse le trincee avanzate dove trovò un gruppo di soldati affacciati al parapetto che guardavano verso le linee nemiche. «Che succede?», chiese. «Sono i tedeschi signore», ora Bairnsfather li poteva sentire chiaramente, «Stanno cantando».

Entro sera quasi l’intera linea tedesca era illuminata da migliaia di alberi di Natale. Come ricordò un soldato tedesco: «Ogni trincea aveva un suo albero e da ogni direzione si sentivano le voci roche dei soldati cantare canzoni natalizie». La preferita era Stille Nacht e quando le voci sommesse dei tedeschi arrivavano alle linee inglesi, soltanto un’eco se erano lontane, chiare e forti quando erano vicine, in molti non potevano fare a meno di affacciarsi ai parapetti e unirsi al coro cantando in inglese la stesse canzone. Molti, tra i più giovani che avevano lasciato a casa la famiglia, piangevano cercando di non farsi vedere dai compagni di trincea. A La Chapelle-d’Armentières dopo le canzoni natalizie i tedeschi intonarono “God Save the King”, l’inno dei loro nemici inglesi, e furono accolti da applausi scroscianti. Gli inglesi risposero cantando l’inno austriaco che fu accolto con «straordinari applausi». A St Yves, Kurt Zhemisch scrisse alla famiglia: «Sono stato sveglio tutta la notte ed è stata una notte meravigliosa». Furono quasi sempre i tedeschi a tentare i primi approcci ed era abbastanza normale: si trovavano sul suolo nemico e stavano vincendo la guerra. Avevano rifornimenti in abbondanza, trincee migliori e più asciutte di quelle dei loro nemici. In altre parole erano quelli che avevano meno da perdere in una tregua. Gli inglesi accolsero quasi ovunque di buon grado quelle iniziative. Con i tedeschi c’era poca animosità. Non un soldato tedesco si trovava sul suolo inglese e non un inglese si trovava su quello tedesco. Ma con i francesi era tutta un’altra storia: era il loro paese quello invaso e devastato dall’artiglieria nemica. Ci voleva coraggio per affacciarsi ad una trincea e gridare buon Natale ai francesi.

La sera del 24 dicembre l’erede al trono Wilhelm decise di fare un giro per alzare il morale dei suoi uomini e distribuire un po’ di medaglie. Si fece accompagnare da un tenore dell’opera di Berlino, Walter Kirchoff. Il severo principe della corona, che sarebbe diventato un ardente sostenitore di Hitler, si rifiutò di avvicinarsi troppo alla prima linea e preferì distribuire croci di ferro al sicuro nelle retrovie. Kirchoff, invece, raggiunse le trincee avanzate per portare un po’ di conforto agli uomini in prima linea. La campagna, resa brulla e spoglia dai bombardamenti, era coperta di neve e in lontananza si sentiva il fuoco delle mitragliatrici. I soldati, sporchi ed esausti, si radunarono ad ascoltare in silenzio il tenore, illuminati dalle luci dei loro alberi. Quando Kirchoff terminò la sua esibizione dalle linee francesi si sentì arrivare un grido: «Encore!». Kirchoff li accontentò. Poco lontano da dove due mesi prima era avvenuto il massacro di Langemarck, alle linee tedesche arrivò portato dal vento il suono di una fisarmonica francese che intonava Stille Nacht. Nella stessa zona due soldati belgi raccontarono di Victor Garnier, un tenore dell’Opera di Parigi, che si era spinto fino alle trincee avanzate, dove fischiavano i proiettili, per cantare ai soldati. Quando finì la sua esibizione «lasciò tutti in silenziosa ammirazione». Per tutto il resto della notte non si sentì sparare un solo colpo.

Ancora più dei francesi, i belgi erano quelli che avevano meno motivo di fraternizzare con i loro nemici. Il loro paese era stato aggredito e la sua neutralità violata. L’occupazione tedesca era stata brutale, molti civili erano stati uccisi e la città belga di Lovanio era stata incendiata per rappresaglia. Ma i tedeschi ci provarono comunque. Davanti a una postazione belga i soldati videro sulle linee avversarie comparire un cartellone che recitava: «Joyeux Noël». A Pervyse alcuni soldati belgi si riunirono per una messa di Natale in una chiesa vicina alla prima linea. Nonostante le luci accese per permettere lo svolgimento della funzione, i tedeschi non spararono un solo colpo per tutta la notte. Il giorno dopo, il 25 dicembre, sulle rive del fiume ghiacciato che separava le due linee comparvero una sessantina di tedeschi. I belgi corsero alle armi ma i tedeschi non sembravano avere cattive intenzioni. Non erano armati e portavano con se uno strano oggetto avvolto in un panno. Uno dei tedeschi gridò: «Se c’è un prete tra di voi vorremmo lasciargli un ricordo!». I belgi pensarono che la richiesta avesse qualcosa a che fare con la sepoltura dei loro commilitoni. Invece, quando un cappellano militare arrivò sulla riva belga, i tedeschi cominciarono a cantare, prima con voci incerte e preoccupate e poi sempre più decisi, fino a che i soldati belgi di origini fiamminghe, che conoscevano le stesse canzoni e che parlavano una lingua simile, si unirono al coro. Quando finirono di cantare un ufficiale tedesco prese il grosso involucro e si avvicinò al fiume ghiacciato. «Bonjour, messieurs!», gridò e spiegò che i suoi uomini avevano trovato in una cantina di una casa occupata un reliquiario neo-gotico, fatto di oro e pietre preziose, e che erano venuti a restituirlo ai legittimi proprietari. Una corda venne lanciata attraverso il fiume ghiacciato e il reliquario fu trascinato fino alle linee belghe. Robert de Wilde, un ufficiale belga, fu commosso dal gesto e scrisse alla sua famiglia: «La festa di Natale ha per un momento unito i nemici di oggi e di domani».

***

Se la sera della vigilia era stata un’occasione per cantare canzoni a distanza e per qualche piccolo incontro casuale nella terra di nessuno, il giorno di Natale la timidezza fu messa da parte. In moltissimi punti delle linee inglesi e meno di frequente in quelle francesi, i soldati uscirono dalle trincee senza più paura di essere colpiti dal fuoco di un cecchino. Quasi ovunque il giorno di Natale i soldati andarono nella terra di nessuno per seppellire i loro morti abbandonati da giorni e settimane. A volte queste operazioni procedevano a distanza, senza scambi tra i soldati, ma spesso gli uomini non resistevano alla curiosità. Bastava uno scambio di sguardi, un cenno di saluto e i nemici prendevano coraggio, si avvicinavano gli uni agli altri e si stringevano la mano.

Centinaia di regali furono scambiati in questi incontri. Gli inglesi fumavano sigari tedeschi e i tedeschi sigarette inglesi. La cioccolata veniva scambiata con le pipe scolpite con la faccia del principe Wilhelm che i tedeschi avevano ricevuto a decine di migliaia in regalo dal Kaiser. Parecchi soldati tedeschi che avevano lavorato nel Regno Unito come camerieri o operai fungevano da interpreti. Gli ufficiali conversavano in francese oppure in inglese. In un punto della linea francese ci fu un accordo per seppellire i morti di entrambe le parti. I francesi uscirono dalle trincee armati di vanghe e si trovarono davanti i tedeschi che gli porgevano scatole di sigari. Ci fu un momento di imbarazzo e poi i francesi si affrettarono a trovare qualcosa con cui ricambiare i doni. Persino i duri soldati della Legione Straniera cedettero all’invito dei tedeschi di seppellire i loro morti e una volta fuori ricevettero sigari e sigarette in regalo da un ufficiale tedesco e si fecero fare una fotografia tutti insieme.

Le lettere di soldati sono ricche di resoconti di partite di calcio giocate nella terra di nessuno, a volte con veri e propri palloni, altre con palle di stracci. In genere in questi resoconti le partite sono descritte come incontri goliardici, dove nessuno teneva il punteggio e gli uomini giocavano con in testa uno i berretti dell’altro. È probabile che avvennero partite del genere anche se, a differenza di molti altri incontri, mancano le conferme dei soldati di entrambe le parti: il criterio che di solito si usa per stabilire se gli episodi avvenuti nella tregua avvennero realmente o sono il frutto di un resoconto un po’ sentimentale.

***

Com’era cominciata, improvvisamente, per iniziativa delle truppe al fronte, la tregua finì. Nelle linee francesi il fuoco ricominciò quasi ovunque il 26 dicembre. Alcuni genieri francesi attesero la mezzanotte del 25 per far brillare una mina sotto le trincee tedesche e segnalare la fine della tregua. Sulle linee inglesi in molti punti la tregua durò più a lungo, in certi settori fino alla fine dell’anno. Ma lentamente, anche grazie alla pressione degli alti comandi, terrorizzati che la tregua potesse trasformarsi in un ammutinamento generale delle truppe, gli scontri ripresero. Ci furono altri tentativi di tregua negli anni successivi, ma nessuno ebbe il successo che aveva avuto la tregua del 1914. I soldati al fronte avevano dato a Falkenheym e al suo desiderio di chiudere almeno uno dei due fronti una possibilità straordinaria, ma l’occasione non venne colta. Nessun tentativo di accordo fu presentato in quei giorni, nemmeno attraverso i canali non ufficiali. La guerra continuò per altri quarantasei mesi fino alla sua amara conclusione. In tutto 10 milioni di soldati morirono e la pace imposta alla Germania nel 1919 mise le fondamenta per un’altra guerra che si sarebbe rivelata ancora più devastante. È impossibile dire se la tregua di Natale avrebbe potuto portare a una conclusione diversa, un finale che avrebbe risparmiato all’Europa le più grandi tragedie che avrebbe visto nella sua storia. Come ha scritto lo storico Stanley Weintraub, la tregua di Natale rimase un episodio isolato, senza conseguenze: «una celebrazione dello spirito umano, una commuovente manifestazione dell’assurdità della guerra».

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